
Lucio Dalla è il venticello che da chissà dove, fra i colli e il cielo, porta sollievo, dolcezza, vita a Bologna. Un vento vero che scende da via D’Azeglio, picchia sul municipio, inonda piazza Maggiore e si intrufola nella città. Viene da una lunga storia, pezzi di Bologna gli sono sorti attorno. Lui resiste. Basta ascoltare e il soffio arriva. Fresco, vitale, birichino, colpisce la schiena e il cuore.
È come il ponentino, il venticello de Roma. Lucio, che tanto sapeva anche se molto fingeva, la casa di via D’Azeglio la scelse anche per questo. Ha sempre cercato spifferi. “Io sono il ventoooo”. Antica canzone di quando lui cominciava a suonare. La lanciò Arturo Testa, che arrivò secondo al Festival di Sanremo. Era il 1959, Lucio era a Roma, mamma Jole l’aveva spedito da parenti. “A scuola pensavano fossi un mezzo deficiente, lei sperava fossi incompreso. Volevo fare spettacolo”. E fu preso dal ponentino della vita. Cominciò a volare. Nel 1960, a diciassette anni, è al Festival europeo del jazz, ad Antibes, con la Rheno Dixieland Band, insieme a un Pupi Avati esterrefatto di trovarsi accanto un ragazzino autodidatta più bravo di lui. Progettò di ammazzarlo, “gettarlo dalla torre”, invece si diede al cinema.
Lucio è la pietra, l’acciottolato, il vicolo, la piazza, il povero e il ricco, il cittadino e l’ospite che trova nuova vita ogni volta spunta lui, il folletto finito nel vento della sua strada e della sua città. Smuove i cuori e i capelli, che lui perse e ritrovò. E vari suoi amici li ritrovarono con lui.
“Ah, la vita è la vita”. Diceva, scriveva, messaggiava. L’inno di speranza continua a volteggiare per Bologna. Passano gli anni, il menestrello è mulinello di storie e sogni. È nella sua via dove ogni sera risuonano le sue musiche, è nello stadio con la sua poltrona (“Posso fare il portiere” rispose a chi lo voleva addirittura socio del Bologna Football club), nel basket che tenta di risorgere, nel clarinetto di chi suona per strada e con cui pensava di mettere su un concerto, è dove cantava e dove pregava. Fra i frati e i tanti che da lui sono partiti o ritornati, da Ron a De Gregori, da Carboni al primo Vasco. È nei menù mai cambiati delle trattorie che erano scuole di vita e amicizia. Benvenuti, cinque anni dopo, nei posti di Lucio. Sempre uguali, sempre quelli. Ma, scusaci musica andina, mai “una noia mortale”. “Il cucciolo Alfredo canta in modo diverso/ la canzone senza note di uno che si è perso:/ canzone diversa ma canzone d’amore,/cantata tra i denti, da cuore a cuore”.
Marco Marozzi
Per l’edizione 2017 “A Casa di Lucio” esce dal grande appartamento di via D’Azeglio e va ad incontrare alcuni dei luoghi di Bologna più rappresentativi per la biografia personale ed artistica di Lucio Dalla.
Il programma prevede un programma di visite a cura di alcuni relatori d’eccellenza e una serie di installazioni audio che sorprenderanno i passanti per le strade e le piazze del centro storico.